DEREK WALCOTT
Premio Nobel per la letteratura nel 1992, il grande poeta caraibico si interroga sul futuro del mondo. La sua ultima opera, intitolata OMEROS, si interroga sulla vita e sulla morte, sul dolore, sull’amore, sul futuro del mondo. E’ la poesia che può aiutarci aprendoci spiragli, lanciare sguardi in direzioni inaspettate, incoraggiarci ad una vita rispettosa della giustizia. Ed è quest’ultima che permette al pianeta la sopravvivenza. Non si tratta, come per gli eroi di Omero, di scendere in campo con lancia e spada ma di esercitare un’epica del quotidiano. Gli alberghi costruiti nei Caraibi sono pieni di turisti bianchi ed i neri fanno i camerieri. Le carceri americane sono popolate perlopiù da persone di colore anche se nella società sono in minoranza. Il colonialismo esiste ancora! Allora è la poesia che può illuminare. In queste isole caraibiche tutto è fondato sulla natura: è il senso della sua gratitudine e della religiosità che impregna ogni giorno. Le cose importanti sono ancora l’alba ed il tramonto. Possiamo ben capire che la poesia ci salverà l’anima! Un brindisi al grande Derek! Con rum delle Antille, obviously
Per i pennaioli, il mio tenero (per ora!) cuore, trascrive due poesie del grande poeta.
ARCIPELAGHI
Alla fine di questa frase, comincerà la pioggia.
All’orlo della pioggia una vela.
Lenta la vela perderà di vista le isole,
in una foschia se ne andrà la fede nei porti
di un’intera razza.
La guerra dei dieci anni è finita.
La chioma di Elena, una nuvola grigia.
Troia, un bianco accumulo di cenere
vicino al gocciolar del mare.
Il gocciolio si tende come le corde di un’arpa.
Un uomo con occhi annuvolati raccoglie la pioggia
e pizzica il primo verso dell’Odissea.
L’ASPRO SAPORE DEL MARE
Quella vela piegata dalla luce,
stanca d’isola,
una goletta che batte il Mar dei Caraibi
per ritornare, potrebbe essere Odisseo
diretto a casa attraverso l’Egeo:
quel desiderio di padre e marito,
sopra l’aspro livore della vecchiezza,
è come l’adultero che sente il nome di Nausica
in ogni grido di gabbiano.
E questo non assicura la pace. L’antica guerra
tra ossessione e responsabilità
non può finire ed è la stessa
per il naufrago e per chi sul lido
ora infila i piedi nei sandali per rientrare
da quando Troia ha spirato l'ultima fiamma
e il macigno del cieco ciclope ha alzato le acque
dalle cui ondate i grandiosi esametri giungono
alle conclusioni dell'esausta risacca.
I classici possono consolare. Ma non abbastanza.